Author Archives: Dott. Savino Cefola

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La Radiofrequenza (R.F.)

Category : Medicina Estetica

La Radiofrequenza (R.F.) inizialmente ha trovato applicazione in ogni campo delle medicina dove era necessario incidere, coagulare o essiccare e quindi essenzialmente in chirurgia e dermatologia. Ma la Radiofrequenza (R.F.), oltre alla sua potenzialità invasive, possiede una potenzialità non invasiva ma biostimolante. Recentemente questa sua potenzialità biostimolante, opportunamente perfezionata, ha trovato  applicazione nel campo della Medicina Estetica per curare essenzialmente il rilassamento cutaneo. Negli ultimi anni, nel campo della Medicina Estetica soprattutto del volto, la Radiofrequenza (R.F.) ha determinato una vera rivoluzione per gli ottimi risultati che   possono essere ottenuti. Infatti permette di ridurre e contrastare brillantemente i danni cutanei riconducibili alla fotoesposizione, quali le rughe e la perdita del tono della cute. E’ la tecnica di ringiovanimento non ablativo di più recente impiego, utilizzabile  da sola o in abbinamento ai laser non ablativi ed ad altre metodiche atte a ringiovanire la pelle. E’ nato alcuni anni fa negli Stati Uniti ed  ormai  è  utilizzato anche in Italia ed in diversi paesi del mondo. Si effettua con un apparecchio per Radiofrequenza classificato in classe IV, perciò utilizzato solo da personale medico.

Con la Radiofrequenza (R.F.) si effettuano innovative applicazioni per la cura di cellulite, adiposità localizzata e rilassamento cutaneo. La radiofrequenza (R.F.) non è per nulla invasiva in quanto non determina perdita di sostanza della cute; si ha semplicemente un passaggio di un’onda elettromagnetica nei tessuti che genera calore quando li attraversa. Il calore stimola le fibre collagene che si traduce in un effetto lifting del volto  e del collo con scomparsa di rughe anche profonde. Si ottiene una “contrazione” del collagene, con una neo deposizione dello stesso, permettendo un’azione antiaging ed un rimodellamento cutaneo. Tutto questo conduce ad una “ristrutturazione cutanea” con riduzione della cellulite, elimina le tossine accumulate e i depositi di grasso, con una   tonificazione dei tessuti.

Si osserva inoltre un miglioramento del microcircolo ed una corretta ripartizione del tessuto fibroso con marcata diminuzione dei noduli antiestetici tipici della cellulite, dell’edema locale ed un effetto lipolitico. La radiofrequenza permette di “trattare” la pelle utilizzando il riscaldamento controllato profondo della stessa, ottenendo quindi un netto miglioramento dell’elasticità e della lassità cutanea . La Radiofrequenza (R.F.) è una tecnologia che permette di trasportare energia e calore al derma  profondo e al sottocute,  senza arrecare alcun insulto  termico.

In sostanza si pone in alternativa al ” Lifting Chirurgico” essendo una sorta di “Lifting Medico” quindi non chirurgico né ablativo ed assolutamente non invasive, che determina un reale e naturale ringiovanimento di tutte quelle parti del corpo dove con il passare del tempo si è avuto un rilassamento dei tessuti. Le sedi più trattate sono: glutei, cosce, addome, braccia, viso e collo. Viene inoltre utilizzata come ausilio nei trattamenti prima e dopo interventi di liposuzione.

Le sedute non prevedono particolari tipi di anestesia, alcune volte si potrà applicare una crema anestetica nelle zone con scarso sottocutaneo; le sedute sono abbastanza rapide e non vi sono controindicazioni particolari.

Nella pelle subito dopo il trattamento si ha una contrazione  tridimensionale delle fibre collagene presenti nel derma ottenendo come risultato una pelle più tonica e distesa ed un aspetto più giovane. Il collagene è una proteina che costituisce la sostanza fondamentale del tessuto connettivo, è “il mattone” che forma la struttura della pelle. Le radiazioni solari, l’inquinamento e lo stress ossidativo danneggiano e denaturano il collagene ed il risultato è una pelle rugosa, atonica e poco elastica. Questa  profonda  ed uniforme azione di riscaldamento  agisce  più in profondità del derma arrivando anche al grasso sottocutaneo. L’efficacia del trattamento a lungo termine è invece sostenuta dalla stimolazione dei fibroblasti, cellule del derma che producono le fibre elastiche, collagene e l’acido jaluronico, con un effetto finale di rimodellamento. Grazie alla liberazione di calore si una contrazione del collagene profondo ed un suo ritensionamento ottenendo una sorta di tiraggio dei tessuti definito  appunto  come “effetto lifting”.

Possono essere tratte tutte le zone del corpo che presentano un rilassamento cutaneo, e quindi:

·         il viso per correggere le rughe superficiali e profonde intorno agli occhi e della fronte

·         le borse delle palpebre

·         la lassità delle palpebre superiori

·         il solco naso-genieno (l’accentuarsi cioè della ruga tra naso e bocca)

·         la lassità della guancia

·         la zona sopra alla mandibola con effetto  di “rimodellamento” della forma delle labbra

·         la lassità del collo (doppio mento)

·         le braccia per correggere la lassità della zona inferiore (tricipite)

·         l’addome per correggere la lassità o le grinze e le smagliature dovute alla gravidanza, dimagramento, età

·         le mani per ridurre la lassità della pelle.

E’ inoltre possibile trattare l’Acne sia in fase attiva che nei suoi esiti cicatriziali.

Immediatamente dopo il trattamento può comparire un lieve arrossamento  che tende a scomparire spontaneamente nel giro di un’ora. Si può pertanto  riprendere da subito la propria vita sociale. Non sono necessarie medicazioni particolari nei giorni successivi. E’ bene non esporsi al sole per 24 ore, successivamente non ci sono controindicazioni all’esposizione solare.

La maggior parte dei pazienti torna alla propria attività immediatamente dopo il trattamento e per questo in America viene chiamata “Lunch therapy” in quanto ci si sottopone molto spesso durante la pausa  pranzo.

dott. Savino Cefola


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Chirurgia plastica e chirurgia estetica.

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La chirurgia plastica non è un capriccio del XXI secolo, né l’invenzione di una società più orientata all’apparire che all’essere. Il bisogno di stare bene con se stessi e la voglia di vedersi belli hanno sempre accompagnato l’uomo, sin dai tempi antichi.
L’imperatore Giustiniano si sottopose ad una ricostruzione del naso nel 700 d.C., ma si parla di tecniche di ricostruzione già nel papiro di Edwin Smith del 2000 a.C.
Anche se per molti secoli la Chiesa Cattolica ha vietato con il più assoluto rigore la correzione di deformità e inestetismi ritenendoli un’offesa all’operato di Dio, la chirurgia plastica è sempre stata praticata e così è arrivata alle tecniche impiegate ai giorni nostri.
Spesso si parla erroneamente di chirurgia plastica riferendosi alla chirurgia estetica, ma tra le due esiste una differenza teorica legata alla natura del difetto da correggere.
Mentre la chirurgia plastica si occupa della correzione di malformazioni e anomalie patologiche che possono causare disturbi psico-fisici rilevanti, la chirurgia estetica va a perfezionare degli inestetismi compatibili con l’integrità fisica della persona, ma che non influenzano in maniera importante la sfera psichica.
Un seno molto abbondante può essere corretto perché causa seri problemi di mal di schiena ostacolando le normali attività quotidiane oppure semplicemente perché quei volumi eccessivi non fanno sentire la paziente a proprio agio nella vita di ogni giorno. Nel primo caso si tratterebbe di un intervento di chirurgia plastica, nel secondo di chirurgia estetica.
Il confine tra le due è però molto sottile e in entrambe le situazioni la spinta a ricorrere alla chirurgia viene da motivazioni e situazioni del tutto personali che non possono essere giudicate dall’esterno né etichettate dall’esterno.
La ricerca della bellezza esteriore è un obiettivo ancestrale dell’uomo ed in fondo anche il tatuaggio, il trucco, la decorazione del corpo con abiti e gioielli particolari sono pratiche legate all’innato desiderio di accettazione, affermazione e auto soddisfazione dell’individuo.
Mentre tutte queste pratiche sono comunemente accettate, residua ancora una certa diffidenza nei confronti della chirurgia estetica e si tende a giudicare con superficialità chi decide di ricorrevi. Nessuno sta a sindacare sul miliardo di euro che ogni anno spendiamo per moda e cosmetici, eppure gli interventi a scopi estetici si fondano sulle medesime ragioni di tutte le altre azioni volte a migliorare l’aspetto esteriore. L’unica differenza è nella portata del cambiamento e nella sua durata.
Si assiste negli ultimi anni ad un allungamento della vita che rende quasi inevitabile ad un certo punto il presentarsi di uno squilibrio tra come ci vediamo e come ci sentiamo o agiamo. La medicina sociale opera per prevenire patologie e permettere alla popolazione di arrivare alla terza età in salute e buona forma psico-fisica. Finisce così che ci si continua a sentire attivi e vitali, mentre il corpo manifesta inesorabilmente i segni dell’invecchiamento. Ecco nascere il desiderio di raggiungere un’armonia tra essere e apparire. Aumenta così la richiesta di interventi che riducano le tracce del trascorrere del tempo e riportino una certa armonia tra il modo di essere e la propria apparenza.
I pazienti richiedono un miglioramento del loro aspetto, peggiorato dallo stress, dalla mancanza di esercizio fisico, dalle cattive abitudini come il fumo, l’alimentazione scorretta e la scarsa cura della propria pelle.

tratto da tuamedicinaestetica


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Idratazione e attività fisica.

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Una adeguata idratazione è di fondamentale importanza nello sport come nella vita di tutti i giorni. L’idratazione è parte fondamentale dell’alimentazione in quanto l’acqua è un nutriente essenziale perché la quantità prodotta con il metabolismo (circa 350ml/die) non è sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero.
Il bilancio idrico dipende dal mantenimento dell’equilibrio tra il volume in entrata e quello in uscita dall’organismo. Tale equilibrio è regolato dal centro ipotalamico della sete, che regola la quantità di acqua da ingerire, e dall’ormone antidiuretico, ADH, che aumenta il riassorbimento di acqua nel rene. La disidratazione diminuisce il volume plasmatico, l’attività cardiaca, la sudorazione, il flusso ematico cutaneo, la capacità di resistenza. L’uomo può sopravvivere senza cibo per alcune settimane, ma senza acqua non più di qualche giorno: essa è indispensabile per la vita, quindi l’organismo cerca di mantenere una quantità costante di liquidi nell’ambiente intra ed extra cellulare attraverso un continuo equilibrio tra apporto e cessione.
In condizioni fisiologiche basali (di riposo), alla temperatura ambiente (18-20°) le perdite di acqua sono inferiori ad 1 ml/min. Con l’attività fisica e l’aumento della temperatura ambiente queste perdite, dovute soprattutto alla sudorazione, possono arrivare a 15-25ml/min.
Il bambino è particolarmente a rischio di carenza per la maggior percentuale di acqua corporea e per il suo più veloce turnover.
L’anziano è particolarmente a rischio di carenza in quanto lo stimolo della sete si attenua con l’avanzare dell’età.
Lo sportivo è particolarmente a rischio di carenza per la maggior quantità di sudore prodotta durante l’attività sportiva. Si calcola che nel soggetto che pratica attività fisica sportiva sia necessario 1 ml di acqua per ogni caloria di dispendio energetico.
Le perdite idriche se non adeguatamente compensate determinano ipoidratazione, cioè riduzione di acqua in tutti i compartimenti dell’organismo in particolar modo in quello circolatorio.
Durante l’esercizio fisico l’aumentata produzione di energia da parte delle cellule muscolari porta l’individuo ad incrementare la propria temperatura corporea. Questo eccesso di calore rappresenta un fattore limitante sulla prestazione sportiva e deve essere eliminato. Vengono pertanto messi in atto taluni meccanismi di compensazione adatti a mantenere la temperatura corporea entro i limiti fisiologici naturali (37° circa):
• IRRADIAZIONE: poiché il nostro corpo è più caldo rispetto agli oggetti circostanti perde energia irradiando calore sottoforma di radiazioni termiche.
• CONDUZIONE: una piccola parte di calore viene trasmessa dagli strati più profondi della pelle a quelli più superficiali per conduzione e da qui alle particelle d’aria circostanti.
• CONVENZIONE: in base alla velocità con la quale l’aria in prossimità della superficie corporea viene scambiata.
• ARIA ESPIRATA: responsabile di circa il 10% delle perdite totali di calore.
• TRASPIRAZIONE: responsabile di circa il 35% delle perdite totali di calore. L’evaporazione del sudore prodotto dipende da tre fattori: la superficie cutanea esposta all’ambiente; la temperatura e l’umidità relativa all’area ambiente; le correnti aeree convettive intorno al corpo.
Un buon 10% di calore viene comunque accumulato determinando una sensibile elevazione della temperatura corporea.
La somministrazione di liquidi deve iniziare già prima dell’esercizio per garantire uno stato di idratazione ottimale nel momento dello sforzo. E’ sconsigliato assumere grandi quantitativi di acqua semplice nei 45-60 minuti precedenti allo sforzo (perché può stimolare la diuresi e la conseguente eliminazione di liquidi), per lo stesso motivo è sconsigliato assumere alcolici o caffeina.
Durante l’esercizio: il reintegro dovrà tener conto:
• delle caratteristiche ambientali nelle quali si pratica il lavoro (temperatura, umidità, ventilazione),
• tipo di lavoro muscolare (pesante, leggero, di velocità o resistenza),
• indumenti usati
L’apporto di 1/4 di litro ogni 15 minuti può comunque essere considerato ottimale.
Dopo l’esercizio risulta importante assumere liquidi per evitare l’ipoidratazione cronica, per permettere il recupero delle scorte di glicogeno ed in generale per ristabilire una situazione di equilibrio interno all’organismo.
La bevanda ideale deve possedere diverse caratteristiche: innanzitutto deve avere un sapore gradevole, deve essere facilmente assorbibile ma senza causare problemi gastrointestinali e deve aiutare per quanto possibile l’ottimizzazione della performance.
Per essere rapidamente assorbibile l’acqua deve essere moderatamente refrigerata (circa 10°), non deve essere assolutamente iperosmolare e deve contenere una minima quantità di carboidrati (5-8%) e non superiore al 10%.
Da tener presente che un eccesso è altrettanto deleterio. Si possono bere al massimo circa 9,5 litri di acqua al giorno. Superata questa soglia possono insorgere problemi anche piuttosto seri per la salute dovuti alla marcata alterazione delle concentrazioni degli elettroliti nei fluidi organici (iponatremia). Esemplare il caso di una atleta morta, per encefalopatia iponatriemica, durante la maratona di Boston per avere bevuto 15 litri di fluidi durante le 5-6 ore della sua corsa.
Al contrario, una perdita di peso sotto forma di liquidi può provocare:
1. 1% di peso perso = aumento temperatura corporea
2. 3% di peso perso = diminuita performance fisica
3. 5% di peso perso = disturbi GI, esaurimento del calore
4. 7% di peso perso = allucinazioni
5. 10% di peso perso = collasso circolatorio

Tratto da my-personaltrainer


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Il decalogo per mantenere la pelle sana e bella.

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Prendere il sole ma in modo intelligente, mangiare bene e in alcuni casi ricorrere agli ultimi ritrovati della medicina estetica. Sono questi alcuni dei segreti per assicurarsi una pelle sempre giovane, da sfoggiare con l’arrivo della bella stagione. Lo rivelano i dermatologi, riuniti a Napoli fino al 31 maggio, per il quarto Congresso nazionale unificato di dermatologia e venereologia, promosso dall’Associazione dermatologi ospedalieri italiani (Adoi) e dalla Società italiana di dermatologia, medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (Sidemast). All’appuntamento campano, gli esperti hanno stilato un vero e proprio decalogo, ovvero dieci regole d’oro per assicurarsi una pelle sana, in piena salute. 1) L’idratazione è la salvezza della pelle. “Quando appare particolarmente secca e stanca – spiega uno dei presidente del congresso, Federico Ricciuti – è opportuno ricorrere a trattamenti locali a base di creme emollienti e idratanti. Oggi i dermatologi utilizzano due tecniche strumentali, non invasive, la Tewl e la Corneometria, per studiare la pelle. Inoltre, le nuove formulazioni cosmetiche sono sempre più vicine a quella che è la composizione naturale dei lipidi cutanei deputati alla nostra difesa”. 2) Mantenere sempre una pelle pulita: detergere in modo accurato la cute è fondamentale. E’ necessario utilizzare un detergente poco schiumogeno, per non alterare il film idrolipidico di superficie e non ridurre il suo effetto-barriera. E’ anche utile passare la sera, dopo la pulizia del viso e prima di andare a dormire, un cubetto di ghiaccio su viso e collo e per circa un minuto. Questa misura facilita la vasocostrizione, cioè il restringimento dei capillari, prodotta dal freddo e la successiva vasodilatazione reattiva, cioè il loro dilatarsi. Si tratta di azioni che faranno svolgere una fisiologica ‘ginnastica’ ai capillari e favoriranno l’ossigenazione e il metabolismo cellulare. 3) Fondamentale che la pelle sia levigata. Il risultato si ottiene praticando uno scrub uno o due volte a settimana sia sul viso che sul corpo. 4) Nutrirsi bene e fare scorta di antiossidanti: la prima cura di bellezza per la pelle viene dall’interno dell’organismo. Lo stress ossidativo è una delle principali cause di invecchiamento cellulare, come di numerose patologie croniche degenerative (arteriosclerosi, diabete, tumori cutanei e di altri organi). La dieta promossa dai dermatologi dell’Adoi e della Sidemast è quella mediterranea, a base di frutta, verdura, legumi e cereali integrali. E’ importante che il menu includa pesce e riduca il consumo di grassi animali a favore dell’olio di oliva, ricco di antiossidanti. 5) Controllare sempre i nei, soprattutto quelli marroncini e poco in rilievo. In questa buona abitudine, è importante affidarsi alla regola dell’Abcde, dove ‘A’ sta per asimmetria, ‘B’ per bordi, ‘C’ per colore, ‘D’ per dimensione ed ‘E’ per età o evolutività. 6) Tra le regole d’oro c’è anche l’esposizione ai raggi solari, purché oculata. “Sono pochi i rischi – svela Fabio Ayala, altro presidente del congresso e professore presso l’Università Federico II di Napoli – se l’esposizione è ragionata e preceduta dall’applicazione corretta di uno schermo solare. E’ fondamentale applicarlo spesso,in quantità adeguata e prima di 10 o 15 minuti dell’esposizione al sole, in modo che abbia il tempo di penetrare nella cute. No quindi all’esposizione indiscriminata al sole, ma porte aperte alla naturale esigenza e al giusto bisogno di evasione e di vacanza. 7) Particolare attenzione va prestata alla protezione della pelle dei bambini e delle donne in gravidanza. Si deve evitare di fare stare al sole i piccoli e le donne in dolce attesa nelle ore più calde, e proteggere entrambi con fattori di protezione elevati, almeno 15, rinnovando spesso l’applicazione. 8) Prestare attenzione alle macchie della pelle: se compaiono macchie ‘sospette’ sulla pelle, sia bianche che scure, è fondamentale rivolgersi subito allo specialista. 9) Fare attenzione all’assunzione di farmaci e all’uso di cosmetici: sono molti gli effetti indesiderati che possono sorgere in corso di somministrazione di due o più medicinali. Ma attenzione anche ai cosmetici, prima causa di irritazione alla pelle. 10) Viso: tossina botulinica e filler fanno male o bene? Gli esperti riuniti a Napoli li definiscono un ‘must’. I risultati – spiegano – spesso sono ottimi ma tutto dipende dall’abilità dell’operatore.
In definitiva i punti fondamentali per una pelle sana e bella sono:
1. Mantieni la tua pelle sempre pulita.
2. Scegli esclusivamente prodotti sicuri e di qualità possibilmente indicati dal dermatologo, medico estetico o farmacista di fiducia.
3. Proteggi la pelle con trattamenti cosmetici specifici tenendo conto delle particolari esigenze di ogni parte del corpo.
4. Evita le abitudini nocive come fumo, dormire poco, ansia, stress ed eccessivo affaticamento.
5. Cura l’alimentazione (in particolare bevi molta acqua e mangia molta frutta e verdura).
6. Limita l’esposizione alle radiazioni UV che favoriscono anche un invecchiamento precoce della pelle.
7. Utilizza protezioni solari.
8. Non irritare la pelle con prodotti troppo aggressivi.
9. Consulta periodicamente il tuo Dermatologo o il tuo Medico Estetico.
1O. Impara a conoscere la tua pelle e a prevenirne i bisogni.

Fonte: Adnkronos Salute; Dott. Savino Cefola


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La luce della vita: i biofotoni.

Category : Tecnologia laser

I fotoni sono delle particelle particolari in quanto hanno massa zero ma si possono interpretare anche come onde infatti creano tipici fenomeni ondulatori quali la riflessione e la rifrazione. Si dice anche che i fotoni sono i quanti di energia elettromagnetica, ovvero quantità elementari (non ulteriormente suddivisibili) che rispettano le leggi della meccanica quantistica. I fotoni del sole sono un esempio di fotoni presenti in natura, e sono caratterizzati da avere varie lunghezze d’onda, ovvero varie frequenze di radiazione.
La luce è il presupposto per uno sviluppo sano delle cellule perché ne sostiene la crescita. Senza luce e la sua energia non si potrebbe sviluppare e tanto meno esistere alcuna vita organica sulla terra. Essa è la fonte originaria di energia. Questi fotoni importanti per la vita e per il funzionamento di ogni cellula vengono assorbiti attraverso gli occhi, la pelle e l’alimentazione.

I BIOFOTONI
La teoria dei BIOFOTONI, nata dal biofisico tedesco Prof. Fritz Albert Popp, sulle tracce di un intuizione ardita di circa 70 anni fa del biologo russo Alexander Gurwitsch, offre la credibile interpretazione, suffragata oramai da molteplici esperimenti, del fatto che l’evento biologico primario alla base della vita e anche delle alterazioni che portano alla malattia, è un evento fisico di natura elettromagnetica.
Nel 1922 Gurwitsch fece una scoperta pionieristica mettendo due giovani radici di cipolle una vicino all’altra. Le cellule di una cipolla si divisero in modo particolarmente intenso proprio nel punto verso il quale era orientata la punta della seconda radice.
Il fenomeno non si manifestava quando i due bulbi erano separati da una lastra di vetro che assorbiva i raggi ultravioletti. Gurwitsch suppose che le cipolle emanassero una radiazione fino ad allora sconosciuta.
Solo 50 anni dopo il biofisico tedesco Albert Popp e il suo gruppo di ricercatori furono in grado di confermare con i loro esperimenti questa supposizione. Le cellule di esseri umani, di animali e di piante, emanano veramente luce, i cosiddetti BIOFOTONI, sotto forma di “Quanti Energetici”, che le mette in grado di scambiare informazioni anche a lunga distanza. Questo scambio d’informazioni venne documentato da un ulteriore esperimento, molto simile a quello di Gurwitsch.
Due bicchieri di sangue fresco di maiale vennero messi uno accanto all’altro. In un bicchiere venne instillato un agente patogeno e il sangue reagì producendo anticorpi. Sorprendentemente più tardi si poté osservare in laboratorio che anche il sangue nel secondo bicchiere aveva prodotto anticorpi, benché non vi fosse stato aggiunto alcun agente patogeno.
Ripetendo l’esperimento ponendo una lastra che non lasciava passare la luce tra i due bicchieri, non si riscontrò alcuna produzione di anticorpi nel secondo bicchiere.
Il termine “Biofotoni” indica quindi l’emissione di energia – (più precisamente “quanti energetici”) che si propaga alla velocità della luce – da parte dei sistemi viventi. Ogni cellula emette segnali specifici, con caratteristiche proprie e di quelle del tessuto di cui fa parte.
Secondo Albert Popp, queste emissioni regolano la crescita e la rigenerazione delle cellule e controllano tutti i processi biochimici. Che la luce sia veramente la base della trasmissione di segnali, è stato confermato senza alcun dubbio nel 1976 tramite foto rivelatori (detector) sensibili, i cosiddetti fotomoltiplicatori.
Il supporto più importante dell’irradiamento di Biofotoni è il DNA, l’acido desossiribonucleico, una parte costituente della cellula, in cui sono contenute le informazioni genetiche (cromosomi) di un sistema biologico. Il DNA consiste in dieci miliardi di molecole, che formano una spirale: esso contiene tutte le informazioni biologiche che fanno di un essere ciò che è. Quindi il DNA è una specie di “antenna elettromagnetica” che, funzionando da stazione ricetrasmittente, assimila informazioni, per inoltrarle nelle nostre cellule, guidando ogni processo cellulare sia che giunga dall’interno e sia che giunga dall’esterno.
L’intensità di questa luce è certo estremamente minima, paragonabile a quella di una candela posta a 20 chilometri di distanza, in compenso però essa possiede una qualità che la predispone ad essere trasmettitrice di informazioni. La sua irradiazione non è infatti caotica, bensì costituita da vibrazioni stabili come la luce del laser.
Il termine specifico della fisica per l’alto grado di ordine di questa onda di luce è “coerenza”. Secondo Popp, l’energia elettromagnetica gioca un ruolo fondamentale nella sfera biologica dei Viventi. Anche Heisenberg, (Premio Nobel per la Fisica), afferma che l’energia elettromagnetica è l’energia elementare dalla quale dipende tutta la vita dell’organismo vivente poiché capace di modificare l’energia cinetica a livello atomico e molecolare. La loro esistenza (emissione) ormai comprovata e dimostrata (specie dalle unghie delle mani e dei piedi) ci consente di comprendere l’elevato passaggio d’informazioni dentro la cellula e tra cellule e cellule, informazioni indispensabili per avviare i processi del metabolismo, quelli della crescita e della differenziazione cellulare.
I Biofotoni così rappresentano, nell’ambito della cellula e dei rapporti intracellulari, un vero e proprio linguaggio per la trasmissione in codice delle suddette informazioni. Anche i processi enzimatici, essenziali per la dinamica del buon funzionamento della cellula, sono guidati dai segnali elettromagnetici.

LA VITA
Il corpo umano cerca di vivere sempre in costante condizione di equilibrio, e questo equilibrio è mantenuto soprattutto dall’energia elettromagnetica prodotta dalle cellule del nostro organismo. Essa è necessaria per far funzionare bene le varie parti della cellula, le cellule di uno stesso organo e quindi i vari organi di uno stesso sistema vivente. Le cellule di uno stesso organo, per il fatto stesso che hanno identica composizione molecolare, comunicano ed interagiscono utilizzando tutte uno stesso segnale elettromagnetico che si propaga facendole “vibrare” con lo stesso tipo di frequenza che le fa entrare in risonanza tra loro.
Le conoscenze del codice genetico e della scienza chimica classica non sono sufficienti per rendere chiara la complessità dei processi metabolici. Infatti il nostro organismo è in grado di equilibrare con stupefacente precisione la varietà dell’offerta di nutrimento messagli a disposizione e scegliere o trasformare proprio quelle sostanze di cui ha bisogno per rimpiazzare le cellule morte. Come coordinano le cellule la loro attività allo scopo di mantenere l’intero organismo, considerando il variare degli influssi esterni? Come può accadere che in ogni cellula abbiano luogo ogni secondo centomila processi chimici, esattamente coordinati tra loro e attraverso i quali, tra l’altro, vengono create nel nostro corpo giornalmente centinaia di miliardi di nuove cellule. Anche se siamo ancora molto lontani dal capire quest’enorme miracolo, possiamo accettare per scontato che affinché esso avvenga, sia necessaria una rete di informazioni che funzioni con assoluta precisione. Le scoperte di Popp cambiano anche il nostro punto di vista attuale riguardo ai generi alimentari, dato che alla fin fine, noi esseri umani non saremmo né vegetariani, né carnivori e né mangiatutto, bensì esseri che assorbono luce. Secondo Popp, l’energia che noi otteniamo dall’alimentazione è proprio l’energia della luce del sole, immagazzinata dalle piante e dagli animali.

LA MALATTIA
Tutti gli organismi viventi irradiano un debole ma permanente flusso di luce, la cui intensità spazia dalla luce visibile all’ultravioletto. L’emissione di questi Biofotoni è correlata a tutte le funzioni fisiologiche.
Le cellule sane emettono oscillazioni ordinate di luce, mentre le cellule malate producono oscillazioni non ordinate. Maggiore è il disturbo, tanto più caotica è l’emissione di luce. Oscillazioni caotiche di luce non trasmettono più informazioni corrette alle cellule vicine in quel momento, così allo stesso modo anche le reazioni biochimiche non funzionano più. Perciò si possono sviluppare sintomi di malattia. La malattia appare sempre di più come un’interruzione (operata da batteri, virus, funghi, parassiti, sostanze inquinanti o tossiche, che nel loro complesso vengono chiamate “tossine”) delle linee di comunicazione biofotoniche all’interno dell’organismo. Bisogna notare che tali comunicazioni possiedono una grande velocità, consentendo un coordinamento praticamente istantaneo fra le varie parti dell’organismo. Le tossine, interrompendo le linee di comunicazione, impediscono lo scambio di informazioni del tutto o in parte; ciò conduce dapprima ad un’alterazione elettrica della cellula (ogni cellula del corpo possiede un potenziale di membrana attorno ai 90 mV) che si può rilevare con i metodi bioelettronici; successivamente si produce un’alterazione chimica, che si può rivelare con l’esame del sangue e delle urine; e infine compaiono i sintomi della malattia. Qualsiasi disordine, disturbo o rottura nel flusso di energia causato attraverso un trauma fisico o psichico, porta alla perdita o ad una progressiva modifica dell’informazione ai recettori delle cellule e questo è il primo stadio della malattia. Gli impulsi di comando non arrivano più corretti e con forza sufficiente alle cellule, agli organi e ai sistemi. Le difese immunitarie vengono indebolite. La battaglia interna contro i batteri, i virus e i parassiti non avviene più in modo ottimale.

IL BENESSERE
Senza luce per le cellule non è possibile alcuna vita. Nel corpo in ogni minuto muoiono e nascono 100 milioni di cellule. La comunicazione non conosce alcuna interruzione. Ogni cellula riceve migliaia di messaggi al secondo. L’informazione si espande ad altissima velocità.
Sappiamo che queste informazioni hanno la forma della luce e nelle nostre cellule vengono ricevute ed inviate da un’ “antenna“, che è rappresentata dal DNA. La sua doppia struttura ad elica lo rende un’antenna per tutte le direzioni, ciò significa che in qualsiasi posizione l’irradiamento dei fotoni cade in modo ottimale. Per molti motivi già citati siamo sottoposti tuttavia continuamente ad attacchi elettromagnetici che non sono di natura fisiologica. Come conseguenza alcune delle nostre “antenne“ non sono più in grado di ricevere interamente le informazioni, che garantiscono nella loro totalità il lavoro armonico del meraviglioso sistema precedentemente descritto.
Se si trasmette luce a queste cellule deboli, esse vengono stimolate alla rigenerazione.
L’arricchimento e la qualità (frequenza) attraverso i fotoni sono quindi essenzialmente decisivi per far sì che una cellula e/o un insieme di cellule/organismo possa adempiere i propri compiti. Diventa così importante inviare alle cellule “messaggi di salute”, “ricordare” alle cellule il loro linguaggio, per poter riattivare il loro metabolismo e le emissioni che esse sono capaci di produrre in uno stato di salute e di equilibrio. Si possono perciò inviare all’organismo queste “informazioni guida”, sotto forma di quanti di energia luce-fotoni di modo che esso raggiunga di nuovo il suo equilibrio e in quel modo a tutte le cellule viene restituita la possibilità di soddisfare in modo ottimale i compiti a loro assegnati.
Grazie allo studio dei Biofotoni si sono potute verificare antiche tecniche di guarigione, e altre si potranno verificare, come l’agopuntura. Infatti si e visto che i punti cutanei corrispondenti ai punti di agopuntura hanno una resistività elettrica inferiore rispetto alle altre porzioni della pelle, cioè ostacolano meno il passaggio di correnti elettriche. Gli stessi punti sono stati studiati contando i Biofotoni, e si è constatato che l’emissione di Biofotoni è maggiore proprio in corrispondenza dei punti di agopuntura.
Un fotone singolo può teoricamente regolare tutto il cambio di materia di una cellula, presupposto che agisca sempre nel momento giusto al posto giusto e che la cellula abbia ancora sufficienti recettori per l’auto-cura.
La teoria dei Biofotoni apre quindi la strada alla soluzione di tanti quesiti, ai quali finora la Biochimica medica non aveva saputo dare risposta, ed apre la strada alla prospettiva di utilizzare terapie diverse da quelle utilizzate dalla medicina ufficiale (allopatica).

tratto da: Euquantica


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Un tatuaggio ….. per ridare un sorriso.

Category : Curiosità

E’ trascorso molto tempo da quando tatuare il proprio corpo aveva il significato di “integrazione sociale”, di distinzione di rango, di “segno d’appartenenza” ad una certa categorie di persone; sono ormai lontani i tempi in cui farsi un tatuaggio era esclusiva (o quasi) dei delinquenti, dei carcerati o di altri individui “poco raccomandabili”. Oggi come oggi il tatuaggio è divenuto una pratica sempre più diffusa, è un modo per abbellirsi, per comunicare qualcosa di sè, per dichiarare l’appartenenza a un gruppo e, allo stesso tempo, confermare la propria unicità di persona, mostrando, più o meno pubblicamente, particolari di noi che in genere sono tenuti nascosti. Ma c’è un’altra motivazione che porta a decorare il proprio corpo; una motivazione più profonda che va ben oltre tutte quelle summenzionate; per contribuire a facilitare un percorso lungo e travagliato: quello delle donne malate di cancro, riaccendendo in loro la speranza ed il sorriso, facendole sentire belle anche durante questa terribile malattia. Si chiama Henna Heals, è un’organizzazione creata in Canada da 5 tatuatrici. Con oltre 150 artisti dell’hennè sparsi in tutto il mondo che, tramite questo semplicissimo inchiostro temporaneo, creano vere e proprie tele artistiche sulle teste delle donne malate di cancro che, oltre a dover combattere ogni giorno un’incredibile battaglia contro uno dei peggiori mali del secolo, fanno i conti con la perdita dei capelli che spesso accompagna la chemioterapia. L’organizzazione ha deciso di trasformare questi dolorosi periodi della vita, in qualcosa di bello e femminile, utilizzando un’antica tecnica ornamentale in grado di rendere esteticamente bello ciò che, a prima vista, appare “malato”. Ogni essere umano è una bella opera d’arte e finalmente le persone senza capelli a causa della chemioterapia o di gravi forme di alopecia, che spesso cercano di nascondere la testa calva sotto parrucche, cappelli o foulard, possono sentirsi più sicure del proprio aspetto. Henna Cure offre servizi di hennè per eventi speciali e per dipingere le pance delle future mamme, rivisitando in chiave moderna questa pasta naturale risalente alle antiche tradizioni asiatiche e alla storia del Medio Oriente, per dar vita a meravigliose corone dai motivi floreali, simboli religiosi … messaggi di speranza che aiutano a sconfiggere le difficoltà demoralizzanti che si sommano alle lotte fisiche ed emotive dovute alla malattia. Sono un inno alla vita, un’esperienza di guarigione, dato che, come spiega la fondatrice Frances Darwin, “Per le donne è importante sentirsi belle e femminili anche durante la malattia”.

Fonte: Caterina Lenti


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Come proteggersi dal sole.

La luce solare è costituita per il 10% circa da radiazioni ultraviolette (UV) che vengono distinte, a seconda della lunghezza d’onda, in tre tipi: UVC (più corte e ricche di energia), UVB e UVA (più lunghe e a bassa energia).
L’arrivo sulla terra delle UVC è bloccato dalla fascia d’ozono e dai gas dell’atmosfera. Le altre radiazioni ultraviolette raggiungono invece la superficie terrestre e possono esercitare i loro effetti sulla nostra pelle. Le radiazioni UVB sono assorbite dallo strato più superficiale della cute, mentre quelle UVA penetrano più profondamente. Stare troppo al sole può causare, su una pelle non abbronzata, la comparsa dell’eritema solare, il tipico arrossamento che si manifesta dopo circa 12 ore, con bruciore e talvolta con edema (gonfiore) della parte. Esposizioni prolungate possono causare vescicole o bolle seguite da erosioni.
L’eritema colpisce più facilmente i bambini, gli anziani e i soggetti di carnagione chiara con capelli biondo-rossicci e con lentiggini. La protezione naturale della pelle è affidata allo strato corneo e alla melanina, un pigmento scuro prodotto da cellule specializzate presenti nella pelle in numero molto diverso a seconda del tipo di carnagione. L’abbronzatura è l’effetto dovuto all’aumento di produzione della melanina, che ha un certo effetto protettivo, e all’aumento di spessore dello strato corneo della cute. I raggi solari sono la causa principale non solo dell’invecchiamento precoce ma anche di lesioni e tumori della pelle. Questi effetti cronici derivano dall’accumularsi dei danni causati da anni ed anni di esposizioni prolungate al sole e a fonti artificiali e sono tanto più precoci e marcati quanto più la pelle è chiara o scarsamente protetta. In passato le radiazioni UVB sono state ritenute le uniche colpevoli ma oggi anche le radiazioni UVA, tipiche delle sorgenti artificiali tanto di moda (lettini e lampade), sono al centro di studi per i loro possibili effetti dannosi, più subdoli perché non accompagnati dall’arrossamento.
Le attività all’aperto restano comunque le fonti principali di esposizione ed è importante sapere che le radiazioni vengono riflesse diversamente a seconda del tipo di superficie: la neve, soprattutto, ma anche la sabbia riflette molto gli UV e si possono avere conseguenze spiacevoli anche stando sotto l’ombrellone. L’eccessiva esposizione solare da bambini e da ragazzi costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di tumori della cute in età adulta. Per il melanoma, un tumore in netto aumento in molte popolazioni, sono più pericolose le esposizioni brevi ma molto intense, soprattutto se accompagnate da ustioni solari.

I filtri solari
I principali requisiti richiesti ad un prodotto per la prevenzione del danno da esposizione solare sono la sicurezza, la capacità protettiva nei confronti sia dei raggi UVB che UVA e la buona accettabilità da un punto di vista cosmetico. La maggior parte dei filtri solari in commercio fino a poco tempo fa era rivolta soprattutto a evitare le scottature e quindi era attiva in particolare nei confronti dei raggi UVB, con scarso potere filtrante per le radiazioni del tipo UVA a maggiore lunghezza d’onda. Oggi si tende a privilegiare l’uso di filtri che contengono polveri di diossido di titanio, inerti sia da un punto di vista chimico che biologico, che non penetrano a livello cutaneo ed in grado di esercitare una azione protettiva anche nei confronti dei raggi UVA. Il limite principale di questi prodotti è il colore bianco, che persiste in parte dopo l’applicazione. I produttori sono passati recentemente all’impiego di particelle microfini di diossido di titanio (che misurano millesimi di millimetro!) e hanno così nettamente migliorato l’accettabilità di queste creme da parte dei consumatori.
Va comunque ricordato che l’uso corretto dei filtri ha l’obiettivo di proteggere la cute durante un’esposizione ragionevole. E’ invece sbagliato pensare che con una buona crema tutti possano stare al sole senza problemi per tanto tempo!
In conclusione è opportuno limitare, per quanto possibile, l’esposizione ai raggi solari per prevenire non solo l’invecchiamento della pelle ma anche il rischio di tumore, in particolare il melanoma maligno oggi in aumento. Durante il soggiorno al mare è buona regola limitare le occasioni di esposizione a quelle inevitabili, come il bagno in mare e la gita in barca, utilizzando comunque una protezione con filtri solari o indumenti. In particolare va fatta attenzione a non esporre troppo i bambini. La pelle non dimentica le ustioni solari che ha subito in età infantile: possiamo star certi che ha registrato il danno e potrebbe chiedere il conto trent’anni più tardi.

Poche e semplici regole per Sole senza rischi
• Cominciare la stagione al mare esponendosi al sole gradualmente
Ricordare che anche in acqua o sotto l’ombrellone si riceve una dose consistente d i raggi UV. Chi ha carnagione chiara e va incontro con facilità a scottature deve utilizzare creme solari e limitare l’esposizione al sole.
• Ricordare che le ore in cui è più facile scottarsi sono quelle tra le 11 e le 15. In questo periodo è consigliata la protezione offerta dall’ombra e da cappelli e indumenti adeguati (maglietta e pantaloni).
• Evitare l’uso di sostanze contenenti profumi e ricordare che alcuni farmaci possono potenziare l’effetto dei raggi solari (chiedere consiglio a un medico).
• In caso di scottatura i rimedi sono diversi a secondo del grado di intensità: a volte può bastare la sospensione dell’esposizione per qualche giorno. Sono necessarie creme a base di idrocortisone in caso di eritema più intenso accompagnato da bruciore, mentre è preferibile non applicare localmente prodotti contenenti antistaminici. E’ sempre consigliabile consultare un medico in caso di comparsa di bolle o sintomi di malessere generale (cefalea, febbre, brividi ).

Fonte: Dott. Domenico Palli


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La storia del tatuaggio.

Category : Curiosità

La parola tatuaggio deriva dal polinesiano “tatau” che, letteralmente, significa marchiare o battere infatti il tipico suono che emette il battito delle bacchette sui tamburi di alcune di queste tribù, è Tau-Tau. Il picchiettare del legnetto sull’ago che buca la pelle, tecnica antica che ancora oggi qualcuno pratica, riproduce il tipico suono dei citati tamburi per cui ad ogni tau viene marchiata la pelle.
L’introduzione di questo termine polinesiano e’ da attribuire al capitano James Cook, che, nel suo diario di bordo redatto agli inizi del 1800, descriveva la tecnica del tatuare degli indigeni polinesiani. Da tatau quindi derivò poi la parola inglese “tattoo”. Il tatuaggio è stato impiegato presso moltissime culture, sia antiche che contemporanee, accompagnando l’uomo per gran parte della sua esistenza; a seconda degli ambiti in cui esso è radicato, ha potuto rappresentare sia una sorta di carta d’identità dell’individuo, che un rito di passaggio, ad esempio, all’età adulta.
E’ ormai provato che il tattoo ha origini molto antiche: è stato ritrovato, in una grotta in Francia, un punteruolo molto appuntito ricavato da un osso di renna e che probabilmente fu usato per tatuare durante il periodo del paleolitico superiore. Scavi archeologici hanno riportato ala luce resti di uomini e donne tatuati vissuti fino a 6000 anni fa, appartenenti a popolazioni sudamericane, nordamericane, eschimesi, siberiani, cinesi, egiziani ed anche italiane.
Tatuaggi terapeutici sono stati ritrovati sulla Mummia del Similaun (ca. 3300 a.C.) ritrovata nel 1991 sulle Alpi italiane, altro ritrovamento con tatuaggi anche piuttosto complessi è quello dell'”uomo di Pazyryk” nell’ Asia centrale con complicati tatuaggi rappresentanti animali. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio fu l’Egitto ma anche l’antica Roma, crocevia di civiltà, dove venne vietato dall’imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al Cristianesimo (“Non vi farete incisioni nella carne per un morto, né vi stamperete segni addosso. Io sono l’Eterno – Levitico 19.28”). È peraltro da rilevare che, prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita e, successivamente religione di Stato, molti cristiani si tatuavano sulla pelle simboli religiosi per marcare la propria identità spirituale.
È inoltre attestata nel Medioevo l’usanza dei pellegrini di tatuarsi con simboli religiosi dei santuari visitati, particolarmente quello di Loreto. Fra i cristiani la pratica del tatuaggio è diffusa fra i copti monofisiti. Col tatuaggio i copti rimarcano la propria identità cristiana, i soggetti sono solitamente la croce copta, la natività ed il Santo Mar Corios, martirizzato sotto Diocleziano e rappresentato in sella ad un cavallo con un bambino. La Religione ebraica vieta tutti i tatuaggi permanenti, come prescritto del Levitico (19.28). In particolare, l’Ebraismo vieta ogni incisione accompagnata da una marca indelebile di inchiostro o di altro materiale che lasci una traccia permanente. Anche la Religione musulmana vieta tutti i tatuaggi permanenti, come spiegato da diversi ahadith del profeta Maometto, sono consentiti solo i tatuaggi temporanei fatti per mezzo dell’hennè, pigmento organico di color rosso-amaranto, ricavato dalla pianta della “Lawsonia inermis”, “Henna” in arabo. Nella tradizione araba e anche in quella indiana sono le donne a tatuarsi con l’henna, sia le mani che i piedi; molte spose vengono completamente tatuate per la loro prima notte di nozze, infatti la sera prima delle nozze viene chiamata “Lelet al Henna” (la notte dell’henna). I tatuaggi d’henna sono estremamente decorativi, quasi sempre con motivi floreali stilizzati; quelli molto elaborati finiscono per sembrare delle opere d’arte che hanno la durata media di qualche settimana di vita. Gli uomini musulmani, specialmente i fervidi praticanti sunniti, usano l’henna per tingersi i capelli, la barba, il palmo delle mani e dei piedi; agli uomini non è consentito fare tatuaggi decorativi neanche con l’henna. Comunque c’è da dire che tra i contadini egiziani (usanza molto probabilmente derivante dall’Antico Egitto) ed i nomadi musulmani (per lo più quelli sciiti) sia le donne che i bimbi particolarmente belli, vengono tatuati in maniere permanente con piccoli cerchietti o sottili linee verticali, sia sul mento che tra le due sopracciglia. È un’usanza di tipo scaramantica, infatti il colore con cui si tatuano è l’azzurro, il colore scaramantico per eccellenza fin dal tempo dei faraoni.
Altri popoli che svilupparono propri stili e significati furono quelli legati alla sfera dell’Oceania, in cui ogni particolare zona, nonostante le similitudini, ha tratti caratteristici ben definiti. Famosi quelli Maori, quelli dei popoli del monte Hagen, giapponesi, cinesi e gli Inuit anche se praticamente ogni popolazione aveva dei suoi caratteristici simboli e significati. Nella zona europea il tatuaggio venne reintrodotto successivamente alle esplorazioni oceaniche del XVIII secolo, che fecero conoscere gli usi degli abitanti dell’Oceania. Alla fine del XIX secolo l’uso di tatuarsi si diffuse anche fra le classi aristocratiche europee, tatuati celebri furono, ad esempio, lo Zar Nicola II e Sir Winston Churchill. È da segnalare che il criminologo Cesare Lombroso ritenne, in un’epoca di positivismo, essere il tatuaggio segno di personalità delinquente. Non è affatto vero che il tatuaggio sia nato nelle carceri e quindi è un luogo comune etichettare il tatuato come un delinquente. La diffusione del tatuaggio in tutti gli strati sociali e fra le persone più diverse negli ultimi trent’anni relega tali considerazioni criminologiche e luoghi comuni a mera curiosità storica.
Techiche del tatuaggio
Gli Inuit usano degli aghi d’osso per far passare attraverso la pelle un filo coperto di fuliggine (la china, che artigianalmente e impropriamente si adopera per lo scopo è in fin dei conti una sospensione acquosa di fuliggine).
Nelle zone oceaniche (Polinesia, Nuova Zelanda) il tatuaggio viene eseguito tramite i denti di un pettine di osso che fermato all’estremità di una bacchetta (formando così uno strumento di forma simile a un rastrello), e battuto tramite un’altra bacchetta, forano la pelle introducendo il colore, ottenuto quest’ultimo dalla lavorazione della noce di cocco.
I giapponesi, con la tecnica detta “tebori”, usano sottili aghi metallici e pigmenti di molti colori, ed introducono nella pelle sostanze di natura chimica diversa e di colore diverso. La tecnica giapponese prevede che gli aghi, fissati all’estremità di una bacchetta che viene fatta scorrere avanti e indietro (di forma simile a un sottile pennello), siano fatti entrare nella pelle obliquamente, con minor violenza rispetto alla tecnica polinesiana, ma comunque in modo abbastanza doloroso.
In Thailandia e Cambogia è in uso una tecnica, simile a quella giapponese, nella quale vengono utilizzate una diversa posizione delle mani del tatuatore e una bacchetta di lunghezza maggiore. L’angolo di introduzione degli aghi nella pelle è meno obliquo rispetto alla tecnica giapponese, ma il movimento della bacchetta è meno vigoroso. Il tatuaggio occidentale viene invece eseguito tramite una macchinetta elettrica, cui sono fissati degli aghi in numero vario a seconda dell’effetto desiderato; il movimento della macchinetta permette l’entrata degli aghi nella pelle, i quali depositano il pigmento nel derma.
Infine, la tecnica americana (che è diventata la tecnica occidentale) che ricorre alla macchinetta elettrica ad aghi, determina sensazioni calde, vibranti, ma non dolorose. La componente della sofferenza segna una netta spaccatura tra il tatuaggio odierno, di stampo occidentale, e quello del passato, diffuso in Asia, Africa ed Oceania.
In tali contesti l’esperienza del dolore (che da noi viene rifiutata: qui è richiesta solo la tecnica americana) è fondamentale, in quanto avvicina l’individuo alla morte e la sopportazione del dolore diventa esorcizzante nei confronti della stessa. Oltre all’esperienza del dolore, è indispensabile la perdita di sangue. Il sangue è l’indicatore per eccellenza della vita: spargere sangue, in modo controllato e ridotto, quando si esegue un tatuaggio, significa simulare una morte simbolica.

fonte: tatuaggi.it, guazzabuglio.it